Siamo stati in Moldavia qualche giorno per verificare con le nostre volontarie in loco, Gaia e Axenia, l’andamento dei progetti e per incontrare i bambini e le famiglie che sosteniamo a distanza.
12 giugno. Atterriamo sulla pista dell’aeroporto di Chisinau, la capitale. Intorno un cimitero di vecchi aerei, erbe selvatiche e capannoni grigi.
Alla dogana un poliziotto poco gentile mi chiede di aprire la valigia, è piena di materiale scolastico e indumenti che un gruppo di sarte di “Little dresses for Africa” ha confezionato per i bambini aiutati da Namaste in Moldavia. Grugnisce in inglese che avremmo dovuto chiedere il permesso. Dovremo mettere mano al portafoglio? Fortunatamente arriva Gaia, sorridente e determinata risolve il problema con due frasi. Gaia lavora come volontaria per Namaste, si occupa di distribuire i fondi alle famiglie che sosteniamo e alla scuola materna che alcuni bambini frequentano e nella quale ricevono due pasti al giorno, caldi ed equilibrati.
Gaia proviene da una famiglia molto povera, ha rinunciato a molte cose per studiare, ha lavorato in Italia clandestinamente, è diventata giornalista, ha lottato duramente per migliorare la sua vita e ce l’ha fatta. Adesso aiuta i bambini più poveri nel villaggio della sua infanzia.
La strada che ci porta a Cimislia attraversa colline e praterie. C’è poco traffico, vecchie auto ma anche nuove, lussuose e fiammanti. La natura intorno è bella. La strada un po’ meno.
Sulla piazza principale della cittadina ritroviamo Axenia, anche lei una nostra volontaria. Una donna coraggiosa, segretaria nel Comune ai tempi dell’Unione Sovietica ha perso il suo lavoro con l’indipendenza ed è partita sola, a 50 anni, per cercare fortuna in Italia, facendo la badante.
13 giugno. Un piccolo giro al mercato per cominciare la giornata. Frutta e verdura locali costano poco ma tutto il resto è più caro che in Italia e proviene generalmente dalla Cina. Ai tempi dell’Unione Sovietica la Moldavia era una ricca riserva agricola, dopo il mercato si è ridotto e non ci sono industrie. La corruzione regna sovrana e gli stipendi sono molto bassi. La Moldavia è uno dei paesi più poveri d’Europa. In campagna tutti hanno un giardino e qualche gallina. Abbastanza per avere qualcosa da mangiare ma tutto il resto manca.
Axenia ci ha portato a Mihailovca, il suo villaggio, dove Namaste ha da tempo una mensa popolare gratuita, aperta un solo giorno a settimana, purtroppo, per gli anziani in difficoltà. Ci attendono e ci accolgono calorosamente offrendoci dei fiori. Le donne, coi loro foulard colorati, mi stringono nelle loro braccia e mi parlano. Non capisco nulla ovviamente ma poco importa, i loro sorrisi sono eloquenti.
In cucina comincia la distribuzione del cibo e ognuno riparte con zuppa, pollo, verdure e biscotti. Prima mangiavano tutti insieme ma adesso si portano il pasto a casa. Axenia ci dice che preferiscono così. Noi riflettiamo insieme su come poter migliorare questo progetto.
E per noi sempre lo stesso problema, come trovare dei fondi per poter continuare.
Axenia ci invita a pranzo, ha una casa graziosa e un giardino curato da suo marito con verdura e fiori. Le rose moldave sono magnifiche, ce ne sono dappertutto.
Visitiamo una famiglia sostenuta da Namaste, una giovane donna e sua figlia. Abitano in una piccola casa. L’inverno moldavo è lungo e freddo. Le case sono scaldate con stufe a legna incastrate nel muro. La donna lavora in fabbrica per 40 euro al mese. Uno stipendio davvero molto basso perché quello medio è di circa 150 euro.
Visitiamo un’altra famiglia composta dalla nonna, la mamma e i suoi 4 figli. Il più grande ha 17 anni e il più piccolo 10. La madre è spesso assente per molti mesi per lavoro in Turchia.
Moltissime moldave lavorano all’estero, in Russia, in Europa e particolarmente in Italia. Le donne partono sole abbandonando tutta la famiglia, figli e mariti. In Italia sono “badanti” o colf. Grazie alle rimesse dall’estero le famiglie vivono un po’ meglio ma sempre con grandi difficoltà. Anche gli uomini emigrano per lavorare come muratori o operai.
Ultima tappa, una famiglia molto povera con tre bambini. Hanno un grande giardino e perfino un cavallo per lavorare nel campo ma il padre spende tutto nell’alcol, uno dei grossi problemi in Moldavia.
14 giugno. Partenza per Cigirleni per ritrovare Gaia. Lungo la strada ci fermiamo da Victor, ha una trentina d’anni, è gravemente disabile e vive solo con la mamma.
In una grande sala del Comune di Cigirleni ci attendono i bambini della scuola materna con le loro madri. Le loro piccole mani si precipitano verso dolci e caramelle, merce rara perché costosa. Noi distribuiamo i vestiti confezionati dalle sarte di « Little dress for Africa », le bambole di stoffa e materiale scolastico. E anche dei cappellini fatti a maglia da un’amica di Namaste. Le mamme e i bambini non sono molto espansivi ma leggiamo sui loro volti che sono soddisfatti e contenti.
Dopo la visita della scuola materna pranziamo con il sindaco, un uomo affascinante, intelligente, consapevole dei problemi che affliggono i cittadini.
Continuiamo la visita delle famiglie. Nella prima ci sono 4 bambini, anzi piuttosto 4 nipotini accuditi dal nonno e la nonna. La mamma è partita per lavoro in Israele e raramente comunica sue notizie. Del padre non si sa dove sia.
Poi incontriamo la famiglia di Catrin, 6 anni, che ha conservato gelosamente sulla testa il cappellino che gli abbiamo donato la mattina nonostante il caldo. Vivono in una casa che Namaste ha contribuito a costruire. Ma la casa è sporca e mal tenuta. Genitori e nonni sono alcolizzati e i bambini abbandonati a se stessi. Hanno lo sguardo triste di chi non riceve affetto.
15 giugno. Ultimo giorno ne approfittiamo per visitare Chisinau, la capitale. Viali molto larghi e grandi spazi verdi. Il nostro hotel è molto confortevole e domina la città. Passeggiamo un po’. I palazzi sono quasi tutti moderni. La città non è molto animata e si cammina tranquillamente sui marciapiedi e nei grandi e numerosi parchi.
Nell’attesa dell’aereo che mi riporterà a Bologna ripenso alle raccomandazioni di Gaia e Axenia sulla necessità di inviare abiti e scarpe invernali perché l’inverno è lungo e freddo.
Non dimenticherò gli sguardi affettuosi e complici delle anziane donne della mensa popolare, i grandi occhi chiari dei bambini, alcuni pieni di tristezza.