Dal diario di volontari Namaste: il viaggio di Francesca


Ho vissuto il fascino dell’India fin da ragazzina; ci siamo, potrei dire, nutrite a vicenda eppure non mi ero mai sentita pronta a raggiungerla realmente, quasi come se temessi di dover sostenere un esame incontrandola. Poi in una nuova fase di consapevolezza della mia vita, i ricordi di un uomo relativi a un viaggio passato, fatto quando ancora era un bambino, sono arrivati dritti al mio cuore e i colori, gli odori, le donne, i bambini, le mucche da lui narrati nella piena semplicità sono diventati richiamo e stimolo a partire.

Il viaggio e l’incontro con il lontano sono da sempre sinonimi di apertura, di superamento, di integrazione. Le esperienze che man mano vivevo lavoravano su di me in questa direzione, portandomi ad una più alta comprensione e ad una conseguente crescita personale. Fino a giungere all’ashram di Amma e realizzare ed integrare ciò che considero uno dei più grandi insegnamenti ricevuti, ovvero che Tutto è Uno, che non vi è separazione dall’altro e che il sentire di essere uno con tutti è forse la chiave e il fine ultimo della ricerca spirituale, consapevolezza che ha cambiato il corso del mio viaggio e mi ha portato a desiderare più che visitare l’ennesimo luogo, a cercare il luogo e la realtà dove potessi concretizzare queste comprensioni.

Il passo successivo è stato mettermi alla ricerca e arrivare quasi naturalmente a Namaste; le foto, le descrizioni, i racconti e soprattutto i valori e le azioni che emergevano dalle pagine del loro sito e la stessa videochiamata di presentazione con la presidente Claudine e la sua collaboratrice Sara sembravano davvero risuonarmi dentro e confermavano che ero sulla strada giusta.
Quello che ho trovato una volta arrivata a Vellanad, nella sede indiana di Namaste, è stata la possibilità di portare la mia presenza e il mio contributo in un contesto strutturato di collaborazione e supporto, potrei dire reciproco. Mi piace definirlo così perché osservando il lavoro e il supporto dei responsabili, affiancando i field-workers come volontaria e ancora, nell’interazione e sostegno rivolti a loro così come ai bambini delle case famiglia e alle nonnine supportate dei villaggi vicini, ti senti parte di una comunità solidale e inclusiva, una famiglia immaginale dove doni e ricevi in uno scambio continuo.

Attraverso le tue attenzioni, i piccoli gesti, la cura e il supporto riconosci l’altro e gli doni la libertà di essere, di esprimere, di tirare fuori la sua voce. Ciò che ricevi è altrettanta cura, attenzione, inclusione ed espansione, nei loro occhi, nel loro cuore. Il viaggio.

Francesca Orio
(febbraio 2024)