Diario di una volontaria: la mia esperienza con Namaste in India


Mi era stato anticipato che durante la mia permanenza a Vellanad, India del Sud, dove c’è la sede indiana di Namaste, avrei potuto visitare i bambini aiutati dall’associazione grazie ai suoi benefattori italiani.
Mi ero un po’ preparata e fatta una vaga idea di ciò che avrei trovato… ma i novemila km che ci separano, non sono sufficienti per rappresentare la vera distanza dalla nostra realtà.

Durante i 20 giorni trascorsi a Vellanad, mi è capitato di visitare moltissime famiglie che si trovano in condizioni di estrema difficoltà, segnalate dai servizi sociali o dai vicini di casa. Insieme alle assistenti sociali indiane, abbiamo visitato le bambine e i bambini sostenuti a distanza e in alcuni casi abbiamo consegnato lettere e regali che provenivano dall’Italia.

Abbiamo percorso chilometri e chilometri ogni giorno e, se ci penso, ancora mi stupisco di come l’autista indiano possa orientarsi in mezzo alla fitta vegetazione, raggiungendo viottoli senza precisi indirizzi e numeri civici. Io senza Google Maps mi sarei persa molto facilmente!
Mentre si viaggia, il clacson è un sottofondo musicale incessante, ogni suono ha un significato diverso, indispensabile, pare, per destreggiarsi in mezzo al traffico di strade e stradine, in certi casi strettissime. Ci sono state volte in cui ho pensato che l’autista stesse suonando ai moscerini, dato che la strada era completamente sgombra.

Giunti alla meta, ogni bambino ci aspetta generalmente sulla porta di casa sempre con un gran sorriso sulle labbra. I loro sguardi curiosi, talvolta gli occhi colmi di emozione e gioia per i regali ricevuti, ci accolgono e ascoltano con attenzione le notizie dei loro benefattori mentre noi ascoltiamo le loro storie. Quei 9mila chilometri di distanza tutto ad un tratto, per pochi istanti, si azzerano.

Per questa speciale occasione, i bambini sfoggiano il loro miglior vestito, accuratamente “piegato” nel loro “armadio”, un filo che attraversa una camera di due metri quadrati dove sono accatastati tutti gli indumenti. Il letto è costituito spesso da una stuoia che di giorno viene arrotolata sul pavimento per avere più spazio a disposizione. Molte di queste case hanno l’elettricità per poche ore al giorno, anche a causa delle incessanti piogge che caratterizzano la stagione monsonica. L’acqua entra dappertutto e la corrente salta; impensabile l’utilizzo di un frigorifero malgrado l’elevata temperatura.

Anche per questo, oltre che per andare a trovare i bambini, la visita ha lo scopo di monitorare l’abitazione, sincerarsi delle condizioni in cui è costretta a vivere la famiglia e cercare di migliorarle, magari con un intervento al tetto per l’installazione di un telone cerato che crei uno strato isolante onde evitare che l’acqua entri in casa. Anche la cucina spesso ha bisogno di essere resa abitabile: con un semplice piano cottura, un lavello con l’acqua corrente e il locale cucina diventa più funzionale. Poche centinaia di euro, migliorano, a volte di molto, la qualità delle loro giornate.

Oltre ad un sostegno per la loro casa, i bambini hanno bisogno di essere ascoltati per scoprire eventuali situazioni di disagio psicologico. In queste famiglie, nel 90% dei casi, la figura paterna è inesistente, oppure se c’è, è violento, vittima dell’alcool. Nella regione del Kerala purtroppo, il tasso di alcolisti è elevatissimo, e per questo motivo, è vietato consumare alcolici in pubblico ed è possibile acquistarli solo negli shop autorizzati, che vendono le bottiglie di alcool attraverso una grata, vista la pericolosità degli acquirenti. In altri casi, il padre è mancato per cause naturali, o si è suicidato, per le insopportabili condizione di disagio, ad esempio per i debiti contratti per far sposare la figlia e darle quella dote considerata fondamentale.

Un’altra cosa che ho potuto imparare nelle mie varie visite, infatti, è che tutto inizia dal matrimonio, visto come passo indispensabile per creare un futuro. Spesso si tratta di un’unione combinata, ma a volte c’è anche l’eccezione, quando, per amore, il marito si occupa della moglie giorno e notte, in quanto immobilizzata nel letto a causa di un ictus. La dolcezza negli occhi di quel signore mi ha colpita e difficilmente la dimenticherò. Ha sacrificato tutto sé stesso per la sua amata, per prendersene cura non va a lavorare, ed inoltre si occupa da solo anche delle due figlie, cercando di dargli tutto quello che può.

Nei casi più difficili si propone ai familiari di inserire il bambino nelle case famiglie Namaste, per offrirgli serenità, sicurezza e la possibilità di frequentare la scuola. Per quanto sia spesso difficile da far comprendere, malgrado i disagi, l’istruzione rappresenta l’unica speranza di un futuro migliore. Ogni giorno, molti bambini, con la loro pesante cartella, si incamminano verso il villaggio per raggiungere la scuola.

Il capitolo del cibo è stata un’altra avventura. Ho mangiato polpette di cipolla fritte alle 4 del pomeriggio, accompagnate dal tipico tè al latte incandescente, il “chai”, dolci liquidi dagli ingredienti sconosciuti, ma anche dolcetti molto buoni fatti di farina di ceci, i tipici laddoo. Per fortuna altre volte ho dovuto “sperimentare” meno: una semplice banana, che ho scoperto anche di diverse specie e gusti, una più buona dall’altra.

In India ho vissuto e respirato tutto questo e tanto altro.

Ho incontrato persone meravigliose la cui accoglienza, semplicità e quel modo strano di scuotere la testa per dire sì, mi ha donato una fonte inesauribile di ricchezza interiore.

Cinzia Demitri

8 agosto 2019