Diario di una volontaria: “I bambini di Namaste mi hanno mostrato che la felicità e la gioia sono ovunque!”


Due mesi fa mi preparavo a partire per l’India. Mentre mia madre mi riempiva la valigia di medicine per qualsiasi tipo di evenienza (tranne il raffreddore, unica cosa che ho avuto), io pensavo a cosa avrei trovato lì, a quale sarebbe stata la mia quotidianità per il successivo mese e mezzo. Avevo aspettative altissime, dovute sia al mio connaturato entusiasmo per le cose nuove sia ai racconti appassionati fatti da chi era già partito. A tutto questo si aggiungeva il pretenzioso slogan di Namaste: “Ti promettiamo la felicità”.

… Niente di più vero.

Il mio mese e mezzo a Namaste è stato un concentrato di sorrisi, risate, gioia, scoperte, felicità e puro affetto. Mi sono ritrovata catapultata in una realtà totalmente diversa da quella in cui ho vissuto comodamente per 22 anni, una realtà in cui la maggior parte della popolazione vive in condizioni di forte disagio. Per chi è nato e vissuto dalla parte del mondo fatta di vestiti puliti, di ginocchia sbucciate ma subito disinfettate, di attenzioni e cure costanti, è difficile immaginare che questa non sia per tutti la normalità.

L’India mi ha fatto vedere l’altra parte del mondo, fatta di scarpe rotte e di piedi sporchi che corrono sul fango e sulla sabbia, di ferite mai troppo gravi per ricevere tante attenzioni, di mancanze e di un’infanzia spesso lontana dalla spensieratezza.

I bambini di Namaste mi hanno mostrato che la felicità e la gioia sono ovunque, e mi hanno insegnato quanto può cambiarti la giornata una piccola cosa: la promessa di giocare insieme dopo la scuola, una camicia nuova, festeggiare tutti insieme il compleanno.

E Namaste mi ha insegnato quanto un gesto, seppur piccolo, fatto in direzione di qualcun altro può essere importante: quanto radicalmente la vita di qualcuno può cambiare se decidi di prendertene cura, di aiutarlo a muovere i primi passi per poi guardarlo camminare da solo.

Tornando dall’India è inevitabile lasciare a Namaste e in tutte le case famiglia un pezzo di cuore, ed è facile che, anche se sono tornata da quasi un mese, mi ritrovi a pensare a cosa staranno facendo ora. Adesso, ad esempio, in Italia sono le 6 e 30; in India quindi sono le 9, e immagino i “piccoli maschi” della Boys Home che aspettano lo scuolabus, con addosso le loro camicie più belle, perché oggi è mercoledì e possono mettere da parte l’uniforme e indossare quello che più gli piace. Immagino Jaison che si mette a posto i capelli guardandosi nello specchietto del motorino parcheggiato davanti a Namaste. Li immagino salire sullo scuolabus e sedersi nei soliti posti: Lijin in prima fila, il piccolo Sooraj vicino al finestrino a sinistra, Abijith vicino al finestrino a destra e Sanal finalmente seduto nel posto in cui per oltre un mese ha ostinatamente fatto sedere me.

L’esperienza a Namaste ha superato tutte le aspettative che avevo alla partenza: sono partita con l’idea di andare a fare qualcosa per gli altri, sono tornata con la piena consapevolezza di aver ricevuto molto di più di quello che ho dato. E con una sicurezza: presto prenderò i biglietti per tornare.

Termino con un ringraziamento che è obbligatorio ma che è soprattutto sincero: grazie a Fabio e Claudine, che si prendono cura di ogni bambino di Namaste come se fosse loro. Gestire volontari di età, caratteri e provenienze diverse non è facile, e non è facile riuscire a far sentire ognuno, nel proprio piccolo, parte importante del grande disegno che è Namaste. Inutile dirlo: ci riuscite alla perfezione.

Un bacio!!! 😘

Matilde Galli
Volontaria Namaste