Sono partito per l’India già con l’idea che la mia fotografia poteva essere di aiuto a qualcosa (dal diario di Francesco Comello)


Rientrato a casa! E la cosa non era poi del tutto scontata!
Sono ripartito alla mezzanotte di ieri, ora indiana, con lo scuolabus di Namaste. C’era bisogno di spazio, perché eravamo in cinque a rimpatriare, ognuno con ingombranti bagagli al seguito. Alla guida: Hari, autista taciturno, non per natura, ma perché l’inglese non lo sa proprio. Le sue capacità di guida, con questo ingombrante e cigolante mezzo sono ammirevoli. Guidare in India è sempre una sfida, ci sono regole stradali poco convenzionali e sicuramente non le trovi scritte nei manuali di scuola guida. Passa per primo chi non prova esitazione. A rientrare in Italia eravamo in sei, io e le persone con cui ho condiviso questa straordinaria avventura indiana, e con le quali sento di aver condiviso anche un momento di amicizia, anche se non le conoscevo prima: Claudine, Emilia, Rebecca, Mascia e Stefano.

La nostra paura era naturalmente legata al Coronavirus. Da giorni giravano voci di sospensioni di voli per diverse compagnie. In realtà abbiamo superato brillantemente tutte le tappe: Thiruvananthapuram, Dubai, dove si è diviso il gruppo, e Milano, dove io e Mascia siamo stati sottoposti all’ultimo insidioso test della temperatura corporea! La preoccupazione era che Mascia, la febbre l’aveva avuta fino a due giorni prima, non per il Corona, ma per una normale tonsillite.

E così eccomi qui, di nuovo in Italia. Mi dovrò riabituare ad un clima decisamente diverso, i 35 gradi di Vellanad ti lasciavano perennemente umido.
Ma c’è una cosa che mi preoccupa di più (e lasciamo stare il Corona-virus) mi preoccupa il fatto che dovrò riabituarmi alle facce tristi. In India ero circondato da persone che pur non conoscendoti, ammiccavano sempre un sorriso. È un popolo timido e gentile, quello indiano. Quando parli con loro, ti guardano con questi occhi neri e profondi, ciondolando la testa. Sono davvero amabili.

Questo viaggio è stato un’esperienza intensa, ho visto la vita portata agli estremi, famiglie senza bagno, senza acqua, con le stuoie per dormire sul pavimento, ammalati e spesso depressi.
Abbiamo visitato più di 30 famiglie, andando a trovarli nelle loro case fino dentro alla foresta.
Fortunatamente, allo stesso tempo ho trovato l’umanità di persone che cercano in qualche modo di essere solidali, nel tentativo di porre un qualche rimedio a questo disumano destino.

Namaste è un’associazione che sta facendo tanto e che merita di essere aiutata, ed è quello che proverò a fare attraverso la fotografia.
Per una volta voglio che questo linguaggio non sia solo una pura esternazione personale. Sono partito per l’India già con l’idea che la mia fotografia poteva essere di aiuto a qualcosa.
Venderò una tiratura di foto indiane per devolvere il ricavato all’associazione, ma di questo parlerò prossimamente. Nel frattempo pubblicherò ancora un po’ delle storie che ho incontrato in questo breve, ma intenso periodo in India.

Una foto a colori…
Lo specchio.
Una foto per me simbolica! le figure s’intravedono appena… perché in fondo siamo noi che non le vogliamo vedere.

Ta ta! Vado a dormire, sono in piedi da un numero di ore imprecisato!!!

Francesco Comello

5 marzo 2020