L’India ha le sembianze di un suo simbolo, il pavone: fiero, cangiante, maestoso, quando apre al mondo la sua coda, quando la ruota mostra i colori dei sari delle donne indiane ma come succede per tanti pavoni spesso la coda è logora, logorata dalla difficoltà di vivere e di mantenere in ottimo stato la rotonda, piena, bellezza di una ruota sul limite dell’inverosimile.
Anche arrivare in Namastè è come avvicinare un pavone timidamente a passeggio nel suo piccolo Universo e nel momento in cui se Namastè apre la coda ecco la cangianza della ruota, gli occhi delle piume sono allegorie degli occhi enormi, felici, di bimbi e donne che hanno ancora la forza di credere, sulla fiducia di un rapporto a distanza.
La fiducia: la prima cosa che trasmettiamo loro e non possiamo permetterci di deluderli perché lo sforzo enorme di bimbi e donne che cercano all’interno di una piccola bolla di credere ancora in una possibilità è un sottile filo che non va spezzato, il sorriso di quell’umanità ha un prezzo più alto di ogni donazione che nel nostro piccolo anche noi annualmente porgiamo all’Associazione.
Il nostro bimbo vive nella zona tribal, nei pressi di Kottoor, un villaggio non troppo lontano da Vellanad, sede fisica di Namastè, il cuore pulsante della logistica: andarlo a trovare ci ha portato di fronte ad un pavone pulcino con la coda chiusissima, timido e schivo, meno abituato ad incontrare noi occidentali rispetto ai bambini, ai ragazzi di Vellanad.
Ma va bene così, Manikantan è sì il bimbo che ci è stato affidato e su cui continueremo ad impegnarci per non spezzare il filo della fiducia, Manikantan è il simbolo di una scelta felice; quel primo sorriso d’imbarazzo, quei silenzi accanto a noi mentre cercavamo gli elefanti all’interno della riserva non lontana dalla casa famiglia in cui vive, è un silenzio condiviso, la ricerca di sguardi reciproci in cui dirgli che non importava null’altro che essere lì, senza aspettative, senza forzature, senza delusioni.
L’amore non prevede nulla che sia forzatamente corrisposto, un concetto tipicamente europeo, con tutti i retaggi culturali del nostro vissuto ma andare in Namastè vuol dire arricchire ed arricchirsi, donare e ricevere, abbandonando le convenzioni, vivendo all’interno di una realtà che cura ogni giorno, dall’alba sino a notte fonda, le code dei loro piccoli pavoni affinché la durezza della realtà indiana non torni a frastagliare la loro pura bellezza, così vale per le donne che vivono all’interno dei contesti, a loro volta madri di figli reali, universalmente madri di tutti i bambini, i ragazzi nelle case.
In tutto il tempo trascorso con loro le house-keeper sono accanto ai ragazzi: ore ed ore a pettinarli, giocare con loro, danzare con loro, cucinare per loro, pulire per loro, aiutandoli nei compiti, rendendo ogni bambino o bambina che si reca alla scuola un piccolo principe od una piccola principessa.
In Namastè sono tutti principi e principesse, in divisa, con i loro abiti tradizionali, con i vestiti che mandiamo loro cercando ogni piccolo spazio all’interno delle nostre valigie, costipate all’inverosimile pur di non lasciare nulla in Italia che possa servire per la loro vita di tutti i giorni.
Allora si canta (si canta tanto in Namasté), si danza, si studia, si gioca e si ride; si gioca a pallavolo con la grinta di chi crede sino in fondo ai colori giallo-blu della divisa, si dribbla e si corre nel Tamil Nadu dietro una palla smacchiata per onorare quegli stessi colori, bandiera anche della squadra di calcio, due progetti nati per creare amalgame, passioni, rivincite.
Negli uffici si lavora alacremente: dev’essere emotivamente difficile accogliere le persone in reception, vivendo storie drammatiche ogni giorno da parte di chi bussa alla porta di Namastè per chiedere aiuto, donne disperate con bimbi impauriti dalla vita e non tutti possono essere aiutati.
Un compito tremendo in un Paese dove le situazioni border-line sono migliaia, decine di migliaia.
Si lavora per le traduzioni, visitando le case, controllando la didattica nelle nursery, i voti scolastici di ogni singolo bambino affiancandolo, nel caso occorra, di tutor perché il futuro passa da lì, dallo studio.
Abbiamo troppi ricordi dei singoli momenti per esprimere ogni singola emozione nella settimana trascorsa tra le case di Vellanad ed i molti progetti in cui Namastè come Associazione è protagonista: tra il verde di palme, banani, immerso in un eco-fauna meravigliosa, il piccolo formicaio ogni giorno compie i suoi riti, piccoli passi verso un futuro possibile, ritrovando quel bene prezioso che non dimentichiamolo mai si chiama fiducia: il passo successivo è amore ma con gradualità, la timidezza è un muro che si abbatte giorno dopo giorno, sorriso dopo sorriso, vivendo assieme, crescendo tutti assieme.
Dalle scuola al progetto di tessitura e riparazione di reti per i pescatori, dai quaderni distribuiti a tutti i 1000 bambini seguiti da Namastè alle donne nelle case famiglie o in alcuni progetti di costruzione di case soprattutto nel Tamil Nadu, là dove lo tsunami del 2004 non ha risparmiato chi già viveva al limite della soglia esistenziale, donando una semplice, per loro fondamentale capra, sino agli zaini cuciti dalle sartine del Tamil stesso.
Senza dimenticare i servizi medici che Namastè, nello stesso Tamil Nadu, offre alla popolazione locale con possibilità di usufruire di un centro analisi qualificato per il controllo del sangue, glicemia, prescrizione farmaci, non è una cosa da poco, come non lo è la piccola cooperativa al di sotto dell’edificio addetta alla vendita di prodotti locali a prezzi competitivi, una mano che si allunga al di fuori, nel tessuto sociale.
Namastè ha aperto a noi la sua ruota e le nuance dei colori sono stati molteplici: abbiamo assieme corso su e giù tra le colline di Kerala e Tamil Nadu con chi in loco quotidianamente diventa esecuzione dei progetti, per arrivare ovunque ci fossero da consegnare lettere, controllare le evoluzioni dei nuovi progetti, tra cui un nuovo asilo nella zona tribal del Kerala del sud, non lontano dalla Casa Madre.
Una settimana per ammirare quello che è un piccolo mondo nato da una donna (Valeria) perché India è donna ed il tocco femminile è la spezia di Namastè per dare sapore a vite ritrovate, nuove storie da tessere con fiducia, combattendo radicate repressioni che sin dalla nascita l’essere femminile subisce.
India è Madre ed il canto del pavone non è melodia ma acuto dolore ma una nuova Madre laggiù tra palme e banani ha partorito un progetto cui ci sentiamo orgogliosi di appartenere e di ciò la ringraziamo.
Così come ringraziamo Claudia che quasi giornalmente, assieme Valeria, tramite mail ci hanno supportato in un’esperienza che richiederà giorni, mesi forse per essere metabolizzata e che ci lascia dentro l’amarezza di essere così lontani: ci mancheranno tutti quei giorni di Vellanad, ci mancherà ognuno di quelle vite, da chi si è aperto subito saltandoci addosso per abbracciarci e coinvolgerci a chi in disparte ci ammiccava un sorriso strappato alla propria storia, passi enormi per chi ha perso la fiducia.
Noi non cercavamo conferme, cercavamo qualcosa che forse non abbiamo capito sino in fondo ma che ha il sapore salato di qualche lacrima nei ricordi che si muta in sorriso sapendo che nel mondo, ovunque siamo con il nostro cuore, i pavoni di Namastè faranno sempre una splendida ruota.
Nicola & Valentina
Agosto 2013