Diario di un volontario Namaste: ogni giorno un’avventura


È stato strano tornare a casa, dopo mesi, e tornare a percorrere le stesse strade, quelle strade che non vedevo più da tempo, con naturalezza e in modo quasi automatico, come se non avessi mai smesso di percorrerle neanche per un attimo. Mi sono ritrovato a chiedermi se fossi mai davvero partito, ad avere la sensazione di non essere mai partito per l’India. Sono davvero partito? Sono mai andato in India, in un contesto che non conoscevo e che ora mi sembra così familiare?

Ora, dopo ormai due settimana dal mio rientro in Italia, ho preso coscienza che sì, sono davvero partito, ho davvero fatto esperienza di un mondo che non conoscevo, di una realtà che era lontanissima da me, e ho imparato a conoscerla ed ora la sento più vicina a me. Per questo sono stato colpito al mio rientro, perché per me quella era diventata la mia realtà quotidiana, e mi sono stupito di ritrovarla poi di nuovo anche in Italia, nella città e nel contesto dove sono cresciuto. Questa sensazione di spaesamento mi ha quindi accompagnato nel periodo appena successivo al mio rientro. Sono tornato? Sono partito? A quale realtà appartengo? Apparteniamo a tutte le realtà e il concetto di partenza e ritorno è qualcosa di molto fluido, se siamo disposti a lasciarci andare.

Sono consapevole di aver fatto un’esperienza bellissima e molto intensa, che mi ha fatto crescere tanto, che mi ha dato tanto e mi ha anche cambiato. Sono cresciuto, oltre che umanamente, anche professionalmente, perché ho avuto la possibilità di sfruttare finalmente sul campo le competenze e gli strumenti che ho assorbito durante il mio percorso di studi.
Sono diventato più consapevole di me stesso e allo stesso tempo più consapevole degli altri nel mondo, rafforzando le mie convinzioni sul fatto che ogni persona da significato al mondo a modo suo, ognuno costruisce significato, ed è necessario ascoltare attivamente e criticamente per capire veramente cosa l’altro sta cercando di comunicarci. È fondamentale riuscire a mettere in pratica tutto ciò per uscire dalla bolla di sicurezze in cui viviamo, uno spazio che limita il senso critico e la curiosità, che ci fa pensare di avere delle certezze che certezze invece non sono. Dobbiamo avere il coraggio di uscire da questo perimetro, perché il mondo è tanto, tanto altro. Se si riesce a fare ciò la strada è tracciata, la strada verso la volontà (che potrebbe anche diventare il bisogno) di capire tutte le piccole sfumature e tradizioni.
A questo punto vorrei riprendere quello che ho detto riguardo al fatto che sono cambiato durante questa esperienza. Cambiare non vuol dire abbandonare o rifiutare quello che si è o il contesto da cui si proviene. È impossibile lasciarci. Il cambiamento che ho vissuto e sto vivendo è relativo anche a come ora riesco a vedere più chiaramente come sono e perché sono così. Mi fa piacere citare una parte di una canzone che è molto significativa secondo me:

“E vorrei lasciarmi, alle volte ci penso,
ma questa pelle è un recinto e un confine,
è un labirinto, è l’inizio e la fine,
è quel vestito è un po’ troppo leggero e un po’ rotto
che diventa tutto se hanno perso i tuoi bagagli all’aeroporto.
Dove pensi di scappare, ormai sei circondato.
Questo è l’unico compagno di viaggio e c’è sempre stato.
Ogni storia che hai vissuto, ogni passaggio è tatuato.
Questa è l’unica che hai, la nostra pelle è un quadro.”

Si parla di un conflitto tra il voler abbandonare quello che siamo e una piena e serena accettazione di quello che siamo e di dove vogliamo andare, sempre accompagnati da noi stessi, che siamo arte. Noi siamo diventati chi siamo in base al contesto dove siamo cresciuti e in base agli stimoli che abbiamo ricevuto, ma questo non vuol dire che siamo completi. Si può assorbire tantissimo altro da persone e luoghi di cui neanche sapevamo l’esistenza. Quindi la nostra pelle deve essere la base da cui partire, non un limite, anche se a volte ci può sembrare così. E possiamo fare ciò solo se riusciamo ad essere costantemente curiosi e critici.

A prescindere da quello che ho provato e pensato al mio rientro, vorrei parlare anche un po’ dello staff di Namaste e del tempo passato in India.
Senza mezze parole lo staff è diventato la mia famiglia indiana. Si passa tanto tempo con loro durante il soggiorno (la foresteria con le camere per gli ospiti è al primo piano dell’edificio in cui c’è la sede di Namaste Wings To Fly, mentre gli uffici dell’associazione sono a piano terra) e quindi si ha la possibilità di parlare e confrontarsi quotidianamente. Ci si sente dopo poco parte del tutto. Si possono proporre attività e parlarne con i responsabili per capire se c’è la possibilità di organizzarle o meno e si è coinvolti nel lavoro di tutti i giorni.
Un altro punto di forza è che le case famiglia si trovano nei dintorni dell’ufficio e della foresteria, quindi si è molto dentro la vita dei ragazzi e delle ragazze che vivono lì, potendo stare con loro nei momenti liberi quasi tutti i giorni, organizzando giochi o attività o semplicemente parlando con loro del più e del meno, rispondendo alle raffiche di domande e incalzandoli poi con domande alle quali devono rispondere in inglese, facendo quindi esercizio informale di lingua parlata. La curiosità con cui si rivolgono ai volontari e il bisogno di comunicazione con persone estranee al contesto in cui vivono è emblematico della voglia che hanno di sapere e conoscere. In tutto ciò vi capiterà di imparare pian piano alcune parole della lingua locale, e se imparerete ad usarle al momento giusto e in modo corretto vedrete le espressioni sorprese e felici che appariranno sui loro visi!
I ragazzi e le ragazze sono splendidi e passare del tempo di qualità con loro è sempre un piacere, così come è stato piacevole coltivare le relazioni con lo staff.

Un’esperienza in una realtà di un NGO come Namaste Wings To Fly è un’esperienza, come ho già detto, arricchente sia a livello personale, come testimonia la riflessione che mi ha portato a fare al mio rientro, sia a livello professionale, per chi ha intenzione di capire come lavora una NGO sul territorio dedicando il proprio tempo e il proprio lavoro in cambio di esperienza concreta sul campo.

A Namaste ogni giorno è un’avventura e vi assicuro che non ci si annoia mai!!!

Francesco Ragazzini
Educatore e Volontario presso la famiglia di Namaste