Diario indiano di una volontaria Namaste: prime esperienze


Esiste un modo di viaggiare che non ti fa essere soltanto spettatore ma ti rende parte del fascino dell’India.
Qualcosa mi spingeva a conoscere la cultura di queste figure con capelli neri e lunghi ed ornate di cavigliere, bracciali, collane e eyeliner… Ma non volevo essere una semplice turista. Per il mio viaggio in India desideravo qualcosa di diverso.
Così Namaste mi ha permesso di vedere quei volti da vicino… e da lì sono nate un turbinio di emozioni.

Fanno sempre sorridere le domande dei bambini, tra le prime spiccano “quanti anni hai?” ed il successivo “ah! Ma allora sei sposata!” ed è lì che si incontrano due culture. Età simili ma esperienze completamente diverse.

Io da donna mi porto a casa alcuni dettagli dell’India: la cura delle donne che nonostante abbiano poco a disposizione si dedicano sempre una piccola attenzione. Un orecchino, una treccia ai lunghi capelli.
I sorrisi da guancia a guancia, da fossetta a fossetta, che spiccano all’interno di una casa fatta di 4 mura ed un telone come tetto. Se va bene c’è pure il bagno!
Gli sguardi curiosi di chi scoprire lineamenti diversi, tanto attraverso i loro occhi quanto attraverso i miei.

Namaste permette di guardare l’India attraverso gli occhi di chi agisce, di chi con un blocchetto di carta ed una penna si siede paziente ad ascoltare le storie di tutti, di chi spende le ore tarde della notte a capire come far quadrare i conti per dare una dignità alle famiglie che chiedono aiuto.

Fare un’esperienza di volontariato significa viaggiare anche all’interno di me stessa superando limiti e paure. Superando preconcetti di qualcosa che non si conosce ancora.

Serena Florian
volontaria Namaste

6 luglio 2018